Rose is a rose is a rose

Sabrina Jorio

Sabato 21 novembre, Napoli, Sala Assoli. È stato messo in scena un piccolo miracolo nello spazio dei Quartieri Spagnoli. Rose is a Rose is a Rose, scritto dall’autrice croata Ivana Sajko per la regia di Tommaso Tuzzoli.

Gli spettatori, decisamente pochi, sarebbero stati forse di più se la serata non fosse stata così uggiosa e la messinscena avesse avuto la pubblicità che meritava sui giornali. Nonostante tutto, l’ambiente era intimo, perlopiù fatto di affezionati. Si percepiva appena entrati che il pubblico stesse attendendo qualcosa di bello, anche se ancora non si poteva immaginare in che direzione sarebbe stata spinta la performance. All’ingresso c’era una locandina della piéce in un formato inusuale, troppo lunga. Sullo sfondo il disegno abbozzato di un uomo o una donna di spalle e di faccia insieme, con la mano alzata per difendersi o scagliare qualcosa, con una smorfia di terrore o riscossa. Un’immagine dinamica e complessa, che si liberava, come le statue dell’ultimo Michelangelo, dai frenetici tratti sullo sfondo bianco. In ogni caso, si mostrava essenziale, efficace, emozionante.

Guardando la stampa della locandina, proprio lì, sotto quel titolo così ricco di riferimenti, si cominciava subito a rimuginare sul ‘’Rose is a Rose is a Rose is a Rose’’, ossia su come quel principio di identità tanto caro a Gertrude Stein,  nel suo chiaro rimando Shakespeariano a ‘’Romeo e Giulietta’’, potesse conciliarsi con quell’immagine così intrinsecamente duale.

All’ ora di entrare, ci si è accomodati poi in sala. Un’unica attrice arriva in proscenio, di mezz’età, incredibile presenza scenica. Facevano l’amore come se si stessero picchiando, silenzio. Sono parole strane e dure, che arrivano scandite alle orecchie degli spettatori. Comincia così il racconto frammentato e convulso di due persone che si trovano per caso insieme nella gioia dei sospiri. La storia non è complicata. Due ragazzi anonimi, si conoscono in discoteca, per caso. La musica è “terribile” ma loro ballano per tutta la notte come se non ci fosse niente di più semplice, poi decidono di andare a casa di lui, si amano, ma al risveglio non si oppongono al silenzio e s’abbandonano. Sullo sfondo una città in guerra. Autobus in fiamme con innocenti immolati nel sonno. Forse una molotov? L’opinione pubblica sospende il giudizio, è strumentalizzata da un’informazione viziata. La gente e le cariche della polizia sono schierate in strada, ognuno al suo posto, ma c’è violenza. È la narrazione del sopruso particolare di una guerra, ma descrive con apocalittici presagi di morte quella grandine e fuoco mescolati con sangue che fanno l’orrore di tutte le guerre. Sono rievocate così le fiamme della guerriglia urbana, ma anche l’asfalto e le botte delle contestazioni sociali più importanti degli ultimi sedici anni. Scorre così, come una sovrapposizione unica di coscienza, l’immagine degli scontri di Seattle del 1999, del G8 di Genova del 2001, della marcia pacifista di Bruxelles del 2001, della Primavera araba del 2010, degli Indignados di Podemos, fino al No alla tecnocrazia europea. Ogni lotta diventa perciò identica a se stessa. È svelato l’assioma: A è uguale ad A.

Lo spettacolo viene a costituire il primo capitolo della trilogia della disobbedienza, un progetto della Sajko, che si compone di altre due opere: ‘’Non siamo noi, è solo vetro’’ e ‘’Scene con l’albero di mele’’, quest’ultimo già in fase di rielaborazione da parte dello stesso regista Tommaso Tuzzoli. 

La messinscena presenta svariati punti di forza che si sostanziano prevalentemente nell’aspetto performativo, nel linguaggio e nei contenuti. La regia, seppur validissima, si avvale forse della sperimentazione di troppi elementi, tecnologici e non, che talvolta appaiono ridondanti.

Circa la recitazione, impossibile non esaltare l’ottima prova attoriale di Sabrina Jorio, che è in grado di spaziare nei molteplici codici comunicativi che le vengono richiesti: il canto, il mimo e la danza. L’attrice riesce ad interpretare magistralmente un copione così intenso e difficile, restituendolo con semplicità ed efficacia.

Per quanto riguarda la composizione del testo, invece, il racconto è strutturato con una partitura anomala, un discorso toccante, spezzato e frammentato, che lascia fluire il passato e il presente delle vicende, per ritrovare solo alla fine il suo significato completo. È un testo saturo di segni che si configura come racconto-confessione, in cui la violenza e l’ironia della vita convivono nel saldo equilibrio della narrazione. Il testo ruota intorno a due giovani che si incontrano ‘’ai tempi della guerra’’ per caso. L’amore di cui ci parla la Sajko nasce per sottrarsi al dolore, in un contesto di macerie in cui le persone si ritagliano il loro quotidiano. Perciò la scrittrice lascia entrare il linguaggio della violenza nell’amore, che perde l’idillio che lo pregna, ma non si snatura. Però l’indomani, pur bastando dire semplicemente ’’Non vogliamo le Bombe’’, i due amanti-bambini si perdono.

L’incontro, come diceva Alain Badiou, non annulla la separazione ma la conferma e nel racconto i due amanti non hanno il coraggio di dire quello che pensano, e si perdono. I due adulti-bambini si nascondono, non assumendosi la responsabilità di parlare. E così si compie la disgiunzione. Al pari di quelli di questa storia d’amore, gli adulti della nostra società sono ancora bambini perché si rifiutano di crescere e si nascondono, quando dovrebbero sentirsi chiamati a parlare. E perciò, in questo mondo deresponsabilizzato, succede che non ci si batta più per quello che è giusto e per cambiare le cose, ma si accetti la fatalità e si subisca passivi il fluire delle cose. Perché la memoria col tempo si cancella e la coscienza si lava. E così si arriva a fare le guerre, si perdono i diritti, si armano i bambini e si svuotano i valori che, in passato, ci avevano riempito non solo la bocca, ma anche i cuori. Succede, così, ed è amaro pensarlo, che più andiamo avanti più lasciamo che ci piscino in testa per poi rassicurarci tra di noi che piove.

 

Regia di Tommaso Tuzzoli

Produzione Golden Show / Tinaos

In collaborazione con Comune di Muggia – Residenza Idra – Valli del Natisone Through Landscape

Di Ivana Sajko

Traduzione di Elisa Copetti

Con Sabrina Jorio

Scenografia: Pierpaolo Bisieri

Ingegnere del suono Paolo Cillerai

Animazione grafica di Marco Lucisano e Barbara Latorrata

 

 

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